Scrivo questo post che ancora non ho nemmeno iniziato i pattern per Pastitchino e Knitopo…. (ovvero il mio nuovo punta-spilli ed il nuovo gioco della mia micia Minnie…si, proprio come la Minnie di Topolino)
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Knitopo in agguato |
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Pastitchino… nel pirottino |
Ordunque, prima che corriate a scaricare gli schemi qui e qui, vorrei raccontarvi il seguito del post “Una lana tinta a mano tutta… da mangiare!”
Con la lana che mi ha inviato Dragonfly, dai colori squillanti e invitanti, mi sono ispirato per qualcosa di “mangereccio”: Pastitchino.
E’ un pasticcino/puntaspilli nel suo pirottino/contenitore.
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Pastitchino…nudo! |
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Pastitchino, dal suo angolo migliore |
Il pasticcino si sfila dal pirottino! Mi diverte quest’oggetto che riesce a “mimetizzarsi” così bene fra le tazzine e gli ammenicoli di casa mia….
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Pastitchino: veduta aerea! |
La lana era, nelle tinte che vedete, di tipi e titoli (finezze) diverse.
Con ferri 5 mm ho lavorato alcuni filati a un solo capo, altri invece a 2
Se volete ripetere il pattern vi suggerisco una lana medio/grossa, diciamo da lavorarsi normalmente con i ferri 6/7 mm.
Si usa almeno un numero inferiore a quello necessario ad avere una mano “media” per avere un tessuto bello compatto, dalla quale non si intraveda l’imbottitura.
Poi, siccome avevo ancora qualche metro di filato, mi sono lanciato nella “spericolata” esecuzione di Knitopo.
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Knitopo… furtivo |
In questo caso, proprio perché m’era rimasto davvero poco, ho “sdoppiato” alcuni filati, dividendo i 2 capi con cui erano ritorti.
Quindi, ferri 3 1/2 mm alla mano (era tanto che non usavo dei ferri così piccoli!!), mi sono visto spuntare questa bestiola……
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Knitopo campestre! |
Una nota: quando la lana è arrivata, sempre la micia Minnie ha trovato assai piacevole strofinarsi a lungo sulle matassine….appena le ho finito il topo è diventata matta!
Forse conserva un qualche odore di erbe che le piace? da essere umano, vi assicuro, questi filati hanno solo un buon odore di lana naturale.
A contatto con il vapore del ferro caldo si percepisce solo una vaga nota acetica, proprio per l’uso che di fa dell’aceto durante le fasi di fissaggio.
Ma per ulteriori disquisizioni tecniche in materia vi lascio alla stessa Dragonfly, cui ho scritto chiedendo di dare maggiori informazioni sui filati tinti naturalmente, sui dubbi che le persone avevano circa la loro resistenza alla luce ed ai lavaggi, e bla, bla, bla…..
Lo riporto integralmente di seguito:
“……..Le fibre di origine animale, lana e seta, sono strutturate in maniera tale che se con il procedimento della mordenzatura si induce la dilatazione della fibre stesse, esse inglobano il colore trattenendolo.
La mordenzatura può essere eseguita per queste fibre: a freddo o a caldo (noi la eseguiamo a caldo, tale procedura permette una maggiore apertura delle fibre stesse e quindi una colorazione più intensa), la fase di raffreddamento deve essere graduale in maniera che le fibre si richiudano lentamente su se stesse trattenendo i pigmenti.
Verrebbe da pensare: ma la lana non infeltrisce? no, se i tempi di riscaldamento e di raffredamento avvengono sempre in maniera graduale, maneggiando le matasse il più delicatamente possibile.
Le fibre di origine vegetale, cotoni e lini, necessitano oltre che di una mordenzatura di una sgrassatura della fibra per poter inglobare i pigmenti; sono meno delicati da trattare ma di contro, nonostante i trattamenti, inglobano il colore molto bene ed hanno bisogno di bagni più carichi.
Inoltre ogni pianta tintoria produce colori più o meno stabili nel tempo, questo non significa che un mese dopo o dopo il primo lavaggio i capi perdano colore, si parla di anni, ma ciò avviene anche per i capi tinti chimicamente, insomma facciamo in tempo a stancarci di quella cosa (per esempio per tingere con la curcuma è necessario caricare molto i bagni perchè è una delle piante meno stabili nel tempo).
La manutenzione è secondo me uguale a quella che si dovrebbe utilizzare per lavare capi realizzati a mano, quindi preziosi: lavare a mano il capo, da solo, in acqua tiepida con sapone di marsiglia e sciacquare con aceto, non stendere il capo appeso alla luce diretta del sole; non strizzare i capi di lana.
Per quanto riguarda il procedimento per tingere varia molto da pianta a pianta, sia nelle quantità che nelle modalità è quindi descrivibile solo a grandi linee.
Solitamente si prepara il bagno nel quale si immergono le matasse e dopo un tempo variabile di bollitura si attende il raffreddamento e poi si passa alla sciacquatura delle matasse, alla sbattitura e alla stesura delle stesse (possibilmente all’aria aperta)…..”
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